Dormi Antonio, ché la porta è chiusa...


Ho conosciuto un uomo.

Detto così pare non ci sia nulla di strano. Invece lo è.

Ricomincio.

Ho conosciuto un uomo che mi ha raccontato di sé e mi ha parlato di suo zio, un uomo che era solo un ragazzo. Mi ha lasciato vedere la sua fotografia, mi ha permesso di leggere le sue lettere. Si chiamava Antonio e a me sembra di conoscerlo da sempre.

E ho pensato di fare questo per Antonio, quel ragazzo rimasto ragazzo per sempre, e per Claudio.

Antonio mio,

ti ho ritrovato. Ti ho cercato senza saperlo e adesso ti ho trovato.

Non ho potuto scriverti quando eri in Russia, Antonio: mi dispiace. Avrei voluto, ma non c'ero ancora. Ho visto le tue lettere, le ho lette tutte. Sei sempre così dolce tu, come si poteva non amarti? Sempre a preoccuparti di tutti, sempre a raccomandarti di star “tranquilli e contenti”. E come si poteva star sereni a sapere che tu eri in quell'inferno di neve e proiettili? Come poteva la tua mamma pensare d' arrostir castagne sapendo che tu eri lì da solo? Sì, so che c'erano i tuoi compagni e che eravate diventate amici, ma non è la stessa cosa! Eri stato così male prima di partire! Non avevi ancora compiuto vent'anni che avevi già rischiato di morire per quella nefrite che ti aveva ridotto in fin di vita. E la tua mamma, povera Giulia, era venuta in ospedale, ti aveva tenuto compagnia, ti aveva curato con l'amore delle mamme. Anche Giovanni ti amò tanto, ti ha amato come si ama un figlio, e anche se non eri suo figlio ti riconobbe, ti diede il suo stesso cognome.

Perché non ti hanno lasciato ancora un po' in ospedale? Perché si sono comportati così con un povero ragazzo di neanche vent'anni? “Macellai!” scrivevi, ed avevi ragione: furono macellai. E lo furono ancor di più quelli che vi mandarono in Russia a morire di freddo, di neve e ghiaccio, di sete e fame.

Carnefici dei figli d'altri, condottieri sulla pelle dei poveri ragazzi, ben nascosti nelle retrovie loro, nascosti nelle buche come topi voi!

Claudio mi ha raccontato che l'ultima volta che hai visto la sua mamma e la tua famiglia ti sei inerpicato a piedi su per la collina e hai salutato agitando il braccio da lontano. Come in un film di quelli che guardavate al cinematografo. Gli eroi dei film tornano sempre. Tu no. Tu non eri un eroe e non sei tornato. Non eravate eroi: eravate solo ragazzi. Eri solo un ragazzo come tanti altri che amava la sua famiglia, i suoi compaesani e la sua Ambrosiana; eri solo un ragazzo che coltivava la vigna e che badava con amore agli animali. Eri solo un ragazzo di Colle di Nava mandato a fare la guerra, un ragazzo fattosi tutto d'un tratto uomo, un uomo che sognava una vita felice, che s'immaginava il suo futuro tra le vigne, tra le sue montagne. Eri solo un ragazzo, Antonio, che in una buca vicino a Krasnogorovka, tra topi e pidocchi, ha scritto “io mi sembra di essere così distante da voi ed alla notte sogno sempre le mie parti e voi e mi sembra di esservi vicino però al mio risveglio mi accorgo che è solo un sogno e per un momento si rimane male ma poi si pensa che il tempo passa e che si ritornerà veramente e nuovamente alle nostre case e con i nostri cari”. A leggerti m'è venuto da piangere: tu non sei mai tornato.

Però è venuto Claudio. Ti ha cercato, ha studiato le cartine e gli spostamenti, ha utilizzato cartine e mappe, Google Earth e i GPS. È arrivato al bivio di Krasgonorovka e s'è infilato a piedi nella sterpaglia, ha camminato in un cammino sempre più complicato, tra i campi di girasole fino alla steppa sterminata, inghiottendo lacrime, facendo indigestione di emozioni. Ha persone speciali al suo fianco. Anche loro sono andate a cercare i loro ragazzi sul Don, ma adesso tocca a Claudio, adesso tocca a te.

Claudio è tuo nipote. Porta con sé la tua ultima lettera e ha deciso di conservarla lì per sempre, lì dove forse sei anche tu, dove avrai sempre vent'anni e sarai sempre un ragazzo di Colle di Nava che amava la sua famiglia e le sue mucche, le vigne e l'Ambrosiana.

Volevo anche dirti di Angela. Non eravate solo amici, vero? Lei, che era venuta a trovarti quand'eri ad Imperia, che t'aveva scritto che sembravi ancora un bambino. Lei che non s'è mai sposata e t'ha aspettato per tutta la vita. Lei che, forse, t'ha amato più di chiunque altro, nel silenzio di un amore spezzato dalla guerra.

Anche la tua mamma non ha mai smesso di aspettarti. Ha lasciato la porta di casa aperta per dieci anni, ché se fossi tornato non avresti dovuto trovarla chiusa.

Adesso dormi, Antonio, dormi come i bambini, che anche tu sembri ancora un bambino. Dormi Antonio, che la mamma ha chiuso la porta, l'Angela non ha mai smesso d'amarti e Claudio ha lasciato lì accanto a te la tua ultima lettera.

Tu dormi, dolce Antonio, noi racconteremo di te e non ti lasceremo mai più.”

A Claudio Rigano, a Camilla, Giovanna, Antonio, Masino e don Matteo, che sono andati in Russia a trovare un pezzo del loro cuore.

Ad Antonio.