La Guerra di Pietro

Storie di Storia 

Da bambina mi capitava di vedere le tombe dei soldati morti in guerra. Stavano lì, sporche e dimenticate, come quei ragazzi sepolti sotto quelle croci spesso divelte. 

E così ho deciso di raccontare le loro storie. 


È USCITO IL MIO PRIMO LIBRO

Quando il mio buon amico Emanuele Vernuccio mi ha chiesto di scrivere per Dialogo, per quanto spaventata dal peso della responsabilità, di una cosa ero certa: avrei scritto dei miei nonni, di quella loro generazione martoriata, di quelle loro notti rese uguali dagli incubi ricorrenti e dalle urla di terrore mai veramente soffocate.

E, per mia fortuna, l’iniziativa è piaciuta, il progetto è piaciuto ai lettori, è stato condiviso, sposato. Insomma: è piaciuto! 

È piaciuto dunque il progetto, tanto da portarmi ad incontrare persone sconosciute che, senza esitazione, mi hanno raccontato dei loro affetti più cari, del dolore dei loro padri, dello strazio delle loro madri. 

Mi hanno raccontato della guerra, 

anzi, delle guerre, quelle maledette guerre!

La tanto vituperata storia, così maldigerita da tanti alunni, ha un grosso problema: per essere insegnata bene, ha bisogno d’esser amata e per esserlo deve essere conosciuta bene e raccontata meglio.

 Da questa consapevolezza, oltre ad innumerevoli ore di studio, è nata l’idea della creazione di un 

canale YouTube

nel quale leggere e raccontare le mie “storie di storia”, per tentare di avvicinare le persone a questa straordinaria e terribile realtà, usando un linguaggio lontano da quello artefatto delle aule scolastiche, ma sempre attento allo studio dei fatti e, soprattutto, delle Persone

Persone appunto. Non “materiale umano”, che a me sembra sempre più la parafrasi di “carne da macello”.


 Persone: uomini poco più che ragazzi strappati alle loro famiglie; donne rimaste sole, vittime di umiliazioni e soprusi, di violenze fisiche e verbali, alla mercé degli istinti infimi di omuncoli ringalluzziti dalle loro divise sporche di sangue; bambini cresciuti senza i loro papà, con negli occhi il dolore delle loro madri, delle loro nonne.


Eppure, per quanto l’idea del canale YouTube sia nata soltanto pochissimi mesi fa, il nome era già chiaro nella mia mente sin dal primo articolo su Dialogo, e da prima ancora. Sin da quando, bambina, andavo con i miei genitori al cimitero a salutare i nostri morticini, e guardavo sgomenta quelle croci divelte e coperte d’erbacce in un angolo nascosto del camposanto della mia città. “Sono tombe di ragazzi morti in guerra, ma non si sa chi siano” mi spiegava paziente il mio papà, ed io rubavo un fiore alla nonna che non ho mai conosciuto e che ero certa non si sarebbe arrabbiata, e lo portavo ad uno di quei ragazzi.

 

Ero solo una bambina, ma sapevo che un giorno avrei scritto di loro, avrei regalato loro un nome, un papà ed una mamma. Sapevo che un giorno avrei inventato per ciascuno di loro un’innamorata che li avrebbe aspettati, qualcuno che per loro avrebbe versato una lacrima, che avrebbe sempre guardato il cielo per scorgerne i loro lineamenti.


Ed insieme a loro avrei scritto del mio nonno materno, Pietro, uomo dal cuore grande, nonno dolcissimo, emblema per me dell’amore tra uomini. Sapevo che aveva “fatto la guerra” in Russia, ma non aveva voluto raccontarmi nulla: “La guerra è una cosa brutta. Non c’è niente da raccontare”.

Scegliere il nome di quel canale o di un tanto sospirato libro, per me, è stata la cosa più semplice e – probabilmente – l’unica scelta della quale non ho mai dubitato: 

La Guerra di Pietro.

Pietro dunque, così simile a quel Piero di De André, quel Piero che non volle sparare a chi aveva il suo stesso identico umore, ma la divisa di un altro colore. Pietro come il Piero di De André che è tutti i soldati del mondo; Piero come quei 240.000 ragazzi a cui il vento sputò in faccia la neve per lunghi interminabili giorni, settimane, mesi ed infine anni. Quel Piero che dorme sepolto in un campo di grano, che non ha rose né tulipani a vegliarlo, ma che soprattutto non ha le lacrime di chi lo aspettava a consolarlo. Ai 90.000 Piero vegliati dai girasoli e dalla neve della gelida Steppa; alle centinaia di migliaia di Piero fattisi tutt’uno con le montagne di Grecia ed Albania, divenuto sabbia del deserto, attorcigliatosi per sempre al filo spinato dei campi di lavoro tedeschi.

Così è nata la rubrica su Dialogo, coronata dall’onore di ritrovarsi su Lumie di Sicilia, così il canale YouTube

Così mi ricordo delle mie origini e del mio sangue. Così dico ai miei nonni che li ho amati e continuo ad amarli, dovunque loro siano adesso. Così spero che, dovunque loro siano, la mia carezza, quella carezza che so fare solo scrivendo, arrivi ad ogni Piero del mondo, quello stesso mondo che deve a loro la propria libertà, quel mondo che non ha saputo proteggerli e che non può dimenticarli.  


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